Un terremoto sta scuotendo il mondo dei core banking system. Temenos, azienda con sede principale a Ginevra e leader mondiale nel settore dei software per banche e istituti finanziari, quotata in Borsa con una capitalizzazione di mercato di circa 7,5 miliardi di dollari e con oltre 3.000 clienti a livello globale, è stata accusata di pratiche commerciali scorrette e malversazioni contabili da parte di Hindenburg Research, società statunitense specializzata in ricerca forense. La notizia, resa nota ieri verso mezzogiorno, è arrivata come un fulmine a ciel sereno e ha fatto piombare in pochi minuti il prezzo dell’azione da 89,04 franchi al minimo di giornata pari a 58,50. Il titolo ha poi chiuso la seduta a quota 63,54 franchi, facendo registrare una perdita pari al 28,19%.
L’obiettivo di Hindenburg Research è adottare tecniche di investimento basate sull’analisi fondamentale, nello specifico scoprire casi in cui le aziende si rendono responsabili di irregolarità contabili, condotta manageriale scorretta e attività illecite. In questo caso, la società americana ha venduto allo scoperto il titolo azionario dell’azienda svizzera e ha pubblicato un rapporto, intitolato “Temenos: Major Accounting Irregularities, Failed Products And An Illusive Turnaround”, elencando una serie di accuse pesanti e circostanziate.
Hindenburg Research ha affermato di aver condotto un’indagine di 4 mesi su Temenos, che ha coinvolto interviste con 25 ex-dipendenti della software house, tra cui alcuni in posizioni apicali, e di avere le prove di irregolarità amministrative significative: utili manipolati, partnership fittizie, contratti retrodatati, pratiche commerciali aggressive, investimenti in Ricerca & Sviluppo inesistenti e numerosi altri indizi di dati contabili contraffatti.
La ricerca si è concentrata su una serie di installazioni fallite e clienti insoddisfatti in Nord America, Australia e Europa. Negli Stati Uniti, la Unify Financial Credit Union aveva firmato un contratto con Temenos nel settembre 2018, per poi citarla in giudizio nel dicembre 2021 sostenendo che il fornitore avrebbe sovrastimato le sue capacità Cloud, inducendola a comprare un software così instabile che Unify ha dovuto tornare al vecchio sistema dopo soli 2 mesi dal go live. Altre banche americane hanno portato Temenos in tribunale per violazione di contratto e hanno espresso delusione per i continui ritardi, descrivendo l’implementazione del sistema di core banking come un’esperienza “atroce”, “orribile” e che le ha “segnate per sempre”.
I guai sembrerebbero coinvolgere anche altri continenti. Nel 2015 Nordea, uno dei maggiori gruppi bancari europei con sede in Finlandia, siglò un contratto per una migrazione in 5 anni del proprio sistema di core banking. Si trattava, all’epoca, del più grande contratto mai firmato nella storia della società svizzera, e tutt’ora sbandierato come uno dei maggiori successi. Tuttavia, l’istituto scandinavo ha dovuto sopportare ritardi e sforamenti di budget, tanto che nel maggio 2021 il suo Chief Banking Officer ha dovuto dimettersi a causa dei problemi della transizione tecnologica. Un ex-dipendente Temenos ha definito l’installazione “assolutamente terribile” e ha confermato che il processo è ancora work in progress nonostante siano trascorsi 9 anni dal suo inizio. Nel 2016, la Bank of Ireland selezionò Temenos come partner per la propria innovazione tecnologica. Tale scelta avrebbe arrecato vari problemi informatici, il budget inizialmente stanziato si sarebbe triplicato in 5 anni e avrebbe causato una perdita economica rilevante. Secondo i manager della banca, Temenos era maggiormente interessata a vendere il suo prodotto che a risolvere le necessità dei clienti.
Le difficoltà sono emerse anche in Australia, dove nel maggio 2018 l’istituto creditizio BNK aveva annunciato di essere live con il Cloud Banking di Temenos, salvo poi essere ripetutamente sanzionata dall’autorità bancaria australiana per non essere conforme alla regolamentazione, a causa dei difetti del software di Temenos. Secondo le parole di consulenti vicino alle fonti di BNK, le tanto decantate funzionalità della piattaforma di Temenos si trattavano in realtà di “aria fritta”, tanto che “un foglio Excel funzionerebbe meglio di Temenos”, un sistema definito “orrendo” e che “è costato oltre 100 milioni di dollari di mancate opportunità”.
I frequenti fallimenti in fase di implementazione sarebbero comuni anche per Infinity, la piattaforma di Front-End di Temenos. Nel 2019, nello sforzo di diversificare la propria offerta prodotti, Temenos lanciò l’iniziativa Infinity, destinando 840 milioni di dollari nella creazione di una nuova divisione specializzata nel Digital Banking. Nonostante l’azienda continui a dipingere Infinity come un prodotto di successo e ad affermare di puntare sul segmento del Digital Banking tanto quanto su quello del Core Banking, Hindenburg Research ritiene di essere in possesso di evidenze che testimoniano gravi problemi applicativi e decine di implementazioni fallite, confermate da ex-dirigenti, partner e clienti.
Secondo una fonte considerata autorevole, il progetto si è distinto per una “immensa distruzione di valore” e si è tradotto in un azzeramento di un intero team di venditori composto da 20-30 persone nell’arco di poco più di un anno. La stragrande maggioranza delle installazioni di Infinity non hanno mai visto la luce: in Nord America, per esempio, solo 2 clienti su 19 sono riusciti ad andare live, mentre tutti gli altri sono estremamente insoddisfatti o hanno già interrotto il progetto. Lo stesso Amministratore Delegato Andreas Andreades pare abbia ammesso, in un meeting a porte chiuse, che l’iniziativa Infinity sia stata un fallimento.
Inoltre, Hindenburg avrebbe scoperto che l’azienda abbia sistematicamente falsificato i contratti, retrodatandoli ai trimestri precedenti. Parecchie licenze sarebbero irregolari e presumibilmente intese al solo scopo di aiutare il fornitore a raggiungere i propri obiettivi di vendita annuali. Ben 4 ex-impiegati di Temenos hanno confermato la pratica di anticipare i rinnovi contrattuali, spesso a sconto, cannibalizzando i profitti futuri a favore di quelli a breve termine, con un approccio oltremodo disinvolto. “Queste modalità aggressive sembravano essere un segreto di Pulcinella tra molti degli ex-Temenos con cui abbiamo parlato”, ha scritto Hindenburg nel proprio report, e che avrebbero artificialmente accresciuto i profitti di circa il 30% nel 2022. “Alcuni indicavano tali pratiche fossero avallate dal CEO Andreades e dal suo predecessore Max Chuard, per dissimulare l’elevata frustrazione della clientela”.
Uno tra gli esempi più emblematici di irregolarità contabili citati dai ricercatori forensi è quello della collaborazione di Temenos con la challenger bank americana Mbanq. Nell’ottobre 2021, Temenos aveva annunciato una partnership strategica con Mbanq per “accelerare l’adozione del Banking-as-a-Service negli Stati Uniti”. A detta di un ex-dirigente di Temenos, l’accordo prevedeva che Mbanq acquistasse la piattaforma software per una cifra pari a 20 milioni di dollari. I rendiconti finanziari e le confessioni degli ex-dipendenti di Temenos proverebbero, secondo Hindenburg, che Temenos abbia segretamente finanziato lo stesso istituto fintech per permettergli l’acquisto del proprio software, impegnandosi di fatto in un investimento di roundtripping scheme occulto nella stessa Mbanq, nello stesso periodo dell’acquisto del software.
Un ulteriore fatto poco edificante sarebbe accaduto nel febbraio 2021, e a farne le spese sarebbe stato il system integrator americano DXC Technologies che, dopo aver acquistato le licenze del software per un valore di circa 10 milioni di dollari, è stato costretto a terminare la partnership per via dell’inerzia del fornitore. Mentre Temenos assicurava gli azionisti che il patto avrebbe significato un “game changer” che si sarebbe tradotto in una forte accelerazione della penetrazione nelle grandi istituzioni bancarie del mercato statunitense, nella realtà l’accordo si è rivelato una mera vendita di licenze una tantum, siglata l’ultimo giorno dell’anno per aiutare Temenos a raggiungere gli obiettivi commerciali. DXC ha accusato una perdita netta di circa 8 milioni e ha ammesso di essere stata “usata” e “lasciata all’altare”. Secondo quanto riportato da un ex-dipendente, questo comportamento era “tipico di Temenos” perché ciò che importava era solamente “vendere il più in fretta possibile”.
In una nota pubblicata nel tardo pomeriggio di ieri sul proprio sito internet istituzionale, Temenos ha smentito categoricamente le accuse contenute nel rapporto di Hindenburg Research, contestando alla società americana “inesattezze fattuali ed errori analitici, insieme ad accuse false e fuorvianti” e di aver agito con lo scopo di mettere in cattiva luce l’azienda e trarre profitto dal calo del prezzo delle proprie azioni. Il fornitore software, infine, si dice “fiducioso nella forza del proprio business, nella performance finanziaria e nella posizione di liquidità”.